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L’ombra delle insolvenze sui bilanci delle banche europee

Fonte: Il Sole 24 Ore

La maggior parte delle misure eccezionali varate dai governi per proteggere le aziende dall’emergenza causata dalla pandemia dovrebbe concludersi entro fine anno e diversi analisti già preconizzano un’impennata dei crediti deteriorati e delle insolvenze nel 2022

Gli ultimi dati dell’Autorità Bancaria Europea (EBA) sulla qualità degli attivi delle banche europee nel secondo trimestre 2021 confermano una scarsa incidenza dei prestiti deteriorati (non performing loans o NPL), ma resta alta l’attenzione degli istituti di credito e dei regulators verso i crediti all’economia reale anche per via del notevole aumento delle esposizioni verificatosi durante la pandemia.

L’aumento dei prestiti durante la pandemia

Tra marzo 2020 e agosto 2021 i prestiti erogati dalle banche a famiglie e imprese dell’area euro sono cresciuti del 6,1%, passando da 10230 a 10855 miliardi di euro (€ 625 miliardi). Nella nostra area valutaria ritmi così sostenuti non si vedevano da prima della crisi finanziaria globale, quando avevano favorito la formazione di grosse bolle immobiliari in Spagna e Irlanda. Stavolta, invece, l’aumento dei prestiti è avvenuto dopo lo scoppio della crisi scatenata dal Covid-19 ed è stato stimolato dai numerosi interventi dei policymakers nella prospettiva di scongiurare un collasso della liquidità nelle economie dei diversi paesi membri.

Nella fase iniziale (marzo-agosto 2020), l’aumento dei prestiti ha interessato principalmente il settore corporate, che già a maggio dell’anno scorso aveva sperimentato un aumento degli affidamenti bancari per circa 240 miliardi di €. Nell’ultimo quadrimestre del 2020, la situazione latu imprese si è stabilizzata lasciando il posto a una crescita più sostenuta dei prestiti alle famiglie che è proseguita con vigore fino ad agosto di quest’anno.

 A conti fatti, sinora l’incremento maggiore in termini di controvalori monetari è stato proprio quello delle famiglie (+338 miliardi di € da marzo 2020) con un’elevata incidenza dei mutui immobiliari, mentre durante lo stesso arco di tempo i prestiti alle imprese sono saliti di 288 miliardi di €.

La gran parte dei nuovi prestiti si è concentrata in Francia e Germania che da sole hanno assorbito quasi i ¾ dell’incremento verificatosi nella nostra area valutaria. La Francia, in particolare, cuba il 42% del dato complessivo con una forte partecipazione sia delle imprese che delle famiglie, mentre in Germania risulta predominante la quota attribuibile alle famiglie (circa il 65% dell’aumento dei prestiti all’economia reale), in coerenza col surriscaldamento del mercato immobiliare tedesco. L’Italia e la Spagna mostrano invece numeri decisamente più contenuti, con un incremento dei prestiti rispettivamente pari a 51 e 16 miliardi di € dall’arrivo del Covid-19 nel vecchio continente.

NPL in calo nel secondo trimestre 2021

Secondo i dati rilasciati dall’EBA a inizio ottobre, nel secondo trimestre 2021 il rapporto tra i prestiti deteriorati e i prestiti totali per le banche dell’area euro (NPL ratio) è ulteriormente migliorato, attestandosi al 2,4% contro il 2,6% del trimestre precedente. La discesa risulta particolarmente pronunciata per le piccole e medie imprese (PMI) che a giugno 2021 presentavano un NPL ratio del 6% a fronte dell’8,4% di fine 2019, sebbene si registrino segni di sofferenza nei settori più colpiti dalle restrizioni anti-Covid (alloggi e ristorazione e attività artistiche, ricreative e di intrattenimento).

Andando ad analizzare le prime quattro economie dell’Eurozona si osserva che, ad eccezione della Spagna, il trend discendente dei NPL ratios riflette una dinamica comune a tutti i paesi ma con importanti differenze per quanto riguarda l’Italia. Infatti, in Francia e Germania il calo è stato modesto e va associato in prevalenza all’aumento del denominatore (i.e. i prestiti totali) durante la pandemia.


Al contrario, per le banche italiane la riduzione dell’incidenza dei prestiti non performing è stata più significativa (dal 6,7% al 3,7% in meno di due anni) ed è dipesa soprattutto dal grosso ridimensionamento dello stock di NPL, sceso del 36% tra dicembre 2019 e giugno 2021. Sembra dunque che lo sforzo di “pulizia” dei bilanci messo in atto dai nostri istituti di credito dal 2016 in avanti anche col supporto di importanti misure messe in campo dallo Stato, come le GACS, stia proseguendo.

Meno bene il provisioning e le concessioni accordate ai debitori

Recuperando una prospettiva sovranazionale, nonostante il calo del NPL ratio, nel secondo trimestre 2021 altri due indicatori di rischiosità degli attivi delle banche dell’area euro hanno registrato un ulteriore deterioramento: il coverage ratio e il forbearance ratio. Il primo rappresenta il rapporto tra gli accantonamenti su perdite per crediti deteriorati e lo stock di NPL: maggiori sono gli accantonamenti maggiore è la capacità di sopportare perdite senza compromettere la solidità della banca. Il forbearance ratio misura invece il peso dei prestiti oggetto di concessioni da parte degli istituti di credito (e.g. riduzione del tasso d’interesse applicato o allungamento dei tempi di rimborso) sul totale dei prestiti. In questo caso, un aumento del rapporto indica che i clienti-debitori stanno incontrando maggiori difficoltà nell’adempiere ai loro obblighi. I dati dell’EBA evidenziano per entrambi gli indicatori un’evoluzione negativa (seppur contenuta) tra aprile e giugno di quest’anno, ma soprattutto appare preoccupante la conferma di un trend di peggioramento che prosegue da diversi trimestri.

Un quadro variegato

Anche in questo caso un focus sulla situazione dei diversi sistemi bancari nazionali rivela un quadro eterogeneo. Italia e Francia presentano valori di accantonamenti su prestiti deteriorati superiori alla media dell’Eurozona, mentre Germania e Spagna si posizionano sotto la media. In relazione al forbearance ratio, le banche italiane e spagnole registrano rapporti più elevati rispetto alla media dell’area euro mentre quelle francesi e tedesche si collocano sotto la media.

Per ciascuno dei quattro paesi è possibile dare un’interpretazione ragionata di questi dati.

Partiamo con la Germania, dove il tasso di copertura relativamente basso degli accantonamenti bancari rispetto allo stock di NPL risulta in qualche modo “tollerabile” considerata l’incidenza molto bassa dei prestiti deteriorati e anche delle concessioni accordate sul portafoglio prestiti, segno che i debitori non stanno sperimentando grossi problemi nel pagamento di capitale e interessi. Gli istituti francesi vantano abbondanti accantonamenti rispetto al loro volume di NPL (con un coverage ratio del 49%) e appena l’1,2% dei prestiti in essere è stato oggetto di concessioni; va detto tuttavia che le banche francesi hanno anche un NPL ratio che è circa il doppio di quello delle loro omologhe tedesche. In Italia il valore elevato di entrambi gli indicatori (accantonamenti su prestiti non perfoming e concessioni accordate) suggerisce che gli istituti di credito stiano adottando un atteggiamento più proattivo nella gestione dei prestiti in difficoltà aumentando le concessioni fatte ai debitori ma anche ricorrendo ad un’intensa attività di provisioning. Fanalino di coda sono le banche spagnole che a un coverage ratio in calo per il secondo trimestre di fila abbinano una crescente incidenza dei prestiti oggetto di concessioni (il 3,1% del portafoglio fidi).

Più rischi per le banche iberiche …

Queste evidenze e gli scarsi progressi nell’abbattimento del NPL ratio (intorno al 3% da diversi trimestri) sono avvisaglie della crescente difficoltà per imprese e famiglie spagnole di ripagare i debiti. Non a caso lo scorso marzo il governo ha stanziato un pacchetto da 11 miliardi di € (di cui 7 nella forma di aiuti diretti a fondo perduto) per prevenire un’ondata di insolvenze aziendali specie nei settori più colpiti dalla crisi pandemica come quelli del turismo e dell’accoglienza. L’aumento dei rischi per il sistema bancario spagnolo è certificato anche dal balzo all’insù dell’indice di insolvenza (bankruptcy index) calcolato dall’Eurostat in base alle dichiarazioni di bancarotta delle imprese.

La Spagna, al momento, è il paese in maggiore difficoltà. Negli altri Stati dell’area euro (a eccezione della Slovacchia che comunque è un’economia abbastanza piccola) la situazione non appare critica e a livello aggregato a fine giugno 2021 l’indice di insolvenza era ancora ben sotto i livelli pre-Covid.

… e non solo

Va osservato però che in alcuni settori di attività (come quello di trasporti e storage e quello di alloggi e ristorazione) il bankruptcy index ha già ripreso a salire in misura preoccupante e che gli altri settori continuano a beneficiare dell’effetto-mitigazione derivante dai provvedimenti di temporaneo congelamento delle insolvenze adottati dalla maggioranza delle giurisdizioni Europee tra marzo e giugno dello scorso anno. Alcuni di questi provvedimenti non sono più in vigore e molti altri sono in procinto di scadere; lo stesso dicasi per le altre misure straordinarie a supporto della liquidità del sistema economico come le moratorie sui debiti e gli schemi di garanzia pubblica sui prestiti alle imprese. Il report dell’EBA evidenzia peraltro che la qualità dei prestiti interessati da queste misure è peggiorata nel secondo trimestre 2021.

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