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Aste immobiliari e crediti incagliati, ecco l’Italia affogata dai debiti

Fonte: Il Sole 24 Ore

Come tutti sanno, il biennio 2020-21 è stato “anomalo” sotto il profilo strettamente connesso alle attività inerenti il recupero dei crediti cosiddetti “deteriorati” e/o a sofferenza e alla gestione delle esecuzioni immobiliari.

Solo nel 2020 circa 44.000 aste sono state sospese e fino al secondo trimestre del 2021 non sono stati registrati forti miglioramenti per il mercato delle aste immobiliari, segno che fino a pochi mesi fa vi era una grande incertezza dovuta anche al quadro normativo in continua evoluzione (possibili lockdown e/o provvedimenti normativi urgenti di sospensiva dell’attività di riscossione). Il settore delle aste immobiliari ha avuto forte decremento passando da circa 204.000 aste del 2019 alle 116.000 del 2020 (-45%).

Da settembre 2021, invero, i segnali sono divenuti di segno opposto in quanto è iniziato un incremento fisiologico delle aste, dovuto principalmente al venir meno della sospensione delle esecuzioni aventi ad oggetto la prima casa del debitore che è rimasta in vigore per circa un anno.

Questo significa che nel corso degli ultimi 4 mesi dell’anno, assisteremo ad una concentrazione abnorme di vendite giudiziarie derivante dalla sovrapposizione di esecuzioni immobiliari rimaste pressoché ferme negli ultimi 12 mesi. Si stima che nel corso del 2021 verranno messi in asta circa 23mila immobili. I dati non sono edificanti ma trovano conferma nell’indicazione statistica che oltre 16 milioni di Italiani risultano segnalati nelle banche dati come cattivi pagatori. Bisogna anche chiarire che probabilmente una buona fetta di tali soggetti è erroneamente segnalata nelle centrali rischi del debito (le più comuni CRIF, C.R. Banca d’Italia) in quanto probabilmente ha provveduto a saldare, anche solo “stralciando”, il proprio debito, senza però curarsi di richiedere la cancellazione del proprio nominativo nelle banche dati ufficiali.

Ad allarmare gli esperti del settore è inoltre la circostanza che vi è una chiara diminuzione del valore economico dei beni in asta rispetto al periodo pre-covid-19. Da recenti statistiche, che considerano anche la concentrazione di aste nell’ultimo trimestre del 2021, si stimano introiti per 12 miliardi di euro nel 2021 contro i 16,3 del 2019, a conferma che (fatte salve qualche “oasi” felice, come ad esempio Milano) è crollato anche il valore degli immobili coinvolti nelle esecuzioni.

Ma non è interessante solo il settore in divenire delle esecuzioni immobiliari, in particolare per i risvolti sociali dovuti alla perdita della casa per il mancato e talvolta incolpevole pagamento prolungato delle rate dei mutui, ma anche i settori connessi degli NPL (non perfoming loans) e degli UTP (unlikely to pay).

Preme chiarire che ci troviamo in una fase antecedente l’asta: cioè quando il credito (in questo caso con sottostante l’ipoteca che grava sull’immobile) viene diversamente classificato dalla banca a seconda delle “possibilità” o “improbabilità” che lo stesso possa risultare esigibile o recuperabile nonostante l’insolvenza più o meno cronica del debitore.

A differenza di quanto avvenuto nel corso dell’ultimo decennio (2012-2021) in cui vi è stata una graduale crescita dei crediti deteriorati NPL a cui ha fatto seguito il proliferare di società di gestione/recupero di portafogli di crediti deteriorati mediante operazioni di cartolarizzazione dei crediti, assisteremo nei prossimi anni al crescere delle posizioni di crediti “difficilmente esigibili”. Questo poiché con la ripresa dei piani di pagamento (soprattutto le rate di ammortamento dei mutui) conseguenti alla cessazione delle moratorie/sospensive concesse dagli istituti di credito, molti debitori non saranno in grado di riprendere i pagamenti convenuti e verranno classificato dalla Banca come “posizioni UTP”. Il 2022, come rilevano alcune statistiche, sarà l’anno del sorpasso dei crediti UTP sugli Npl. Il peso dei primi sui bilanci delle banche italiane salirà a 56 miliardi di euro mentre le sofferenze cresceranno soltanto sino a 44 miliardi di Npl.

Questo cosa potrà comportare? La questione è molto delicata e sicuramente se non gestita correttamente a monte si risolverà, lato recupero del credito, nella crescita esponenziale degli immobili immessi in esecuzione per la vendita forzata. Dall’altro lato, si potrebbero aprire nuovi scenari relativi alla gestione di tali posizioni di credito che per tipologia e recuperabilità si differenziano rispetto ai “crediti inesigibili”. Sarebbe un errore, a mio avviso, pensare di gestire tali posizioni in modo analogo rispetto a quanto avvenuto con gli NPL.

Invero, la possibile nascita di strutture competenti nella gestione dei crediti “incagliati” ma ancora “esigibili” non solo potrebbe dare l’opportunità di ridurre il carico giudiziario ed i relativi costi connessi alla vendita forzosa ma anche consentire al creditore/Banca di gestire il credito con un vantaggio economico maggiore rispetto alla “svendita” degli NPL, magari dando la possibilità (una sorta di prelazione) agli stessi debitori o a soggetti terzi di acquisire il credito ad un prezzo più vantaggioso rispetto a quanto verrebbe ricavato vendendo i crediti ormai deteriorati. Su queste basi si potrebbe verificare la nascita di società specializzate in gestione di crediti UTP con benefici per tutti i soggetti in causa.

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